Articoli

FINANZA ITALIANA – Settembre 1994 – Pag.11

Le Opinioni

L’economia si muove ma il mercato (ancora) no ci crede

di Marco Levis
e Marco Malvicini

I segnali di ripresa economica in Europa sono sempre più forti ma offrono un'indicazione incerta soprattutto perché, essendo riferiti al più grave periodo recessivo dal dopoguerra, dovrebbero, in caso di netta inversione del ciclo, manifestare una dinamica amplificata in funzione della profondità raggiunta dalla congiuntura negativa iniziata nella seconda parte del 1990. Per quanto riguarda l'Italia possiamo peraltro riscontrare come anche i più recenti dati macroeconomici confermino il trend, graduale ma estremamente solido, di crescita dell'economia.
Il livello dell'inflazione, attestatasi al 4%, viene genericamente commentato con favore; pur non essendo in termini relativi un risultato particolarmente positivo in quanto maggiore di quello giapponese, (0,8%) e, restando in Europa, di quello francese, (1,5%) e di quello tedesco (3%). Tuttavia, per ciò che concerne la dinamica futura, è necessario considerare che:
- le retribuzioni crescono in misura sostanzialmente equivalente all'inflazione;
- il prelievo fiscale non potrà, nel breve termine, essere significativamente ridotto per motivi di finanza pubblica;
- l'incremento dei flussi all'esportazione dipende specificatamente dalla notevole vitalità del tessuto imprenditoriale italiano e dall'eccezionale opportunità della svalutazione della Lira.
Per questi motivi, pur in presenza di una dinamica certamente favorevole del ciclo economico, non si riscontra una crescita significativa della domanda interna e parrebbe pertanto ingiustificato il timore di una ripresa dell'inflazione, in quanto né i costi, non essendoci spinte salariali nel settore privato né, come detto sopra, la domanda potrebbero, per il momento, alimentarla.
Ne discende che eventuali segni di ripresa dell'inflazione ed una conseguente tendenza al rialzo dei tassi di interesse, possono unicamente derivare da errori di politica economico/fiscale.
II primo è già stato commesso con il decreto Tremonti, che ha adottato misure espansive trascurando l'analisi della copertura, pur sapendo di muoversi in un contesto in cui non si potrà prescindere, nell'ambito dell'imminente manovra finanziaria, da atteggiamenti di carattere restrittivo. Un'occasione potenziale di errore è insita nei prossimi rinnovi dei contratti del pubblico impiego; ed in particolare da quello della scuola che occupa in Italia il più alto numero di addetti al mondo, in rapporto alla popolazione, per la gestione dell'istruzione o di un qualunque altro pubblico servizio.
Esistono motivi strutturali che fanno si che il rapporto fra crescita e inflazione sia diverso dal passato, tuttavia i mercati, tipicamente caratterizzati da una forte memoria storica, agiscono presupponendo il riverificarsi di correlazioni tra i fenomeni economici già riscontrate in precedenza.
In effetti oggi l'andamento favorevole del ciclo produttivo non si traduce automaticamente in aumento dei redditi reali - poiché nel frattempo sono stati ottenuti considerevoli aumenti di produttività - ne automaticamente si riflette in aumenti di prezzo dei prodotti - per via dei meccanismi di concorrenza sia interna sia da parte dei produttori dei paesi emergenti - (troviamo un riscontro a questa teoria nel dato americano relativo ai prezzi alla produzione che, dopo due anni di ripresa, sono assolutamente invariati). Ormai l'inflaziono è percepita come un problema da tutte le parti sociali, i sindacati condividono l'obiettivo di mantenere un contenuto tasso di inflazione accettando di usarlo come riferimento per plafonare l'adeguamento dei salari reali, dimostrando finalmente una capacità di visione macroeconomica dei problemi e rinunciando all'utilizzo di meccanismi di indicizzazione per ottenere una diminuzione della conflittualità sociale.
Ci troviamo, in effetti, in un punto di flesso della storia economica, a partire dal quale si determineranno nuovi riferimento per il futuro.
Analizzando i recenti comportamenti dei mercati finanziari, si direbbe che, per ciò che concerne l'Italia, soffrono di disorientamento e non riescono a credere nelle indicazioni positive dell'analisi fondamentale e nella concretezza dei cambiamenti strutturali in corso.

Scarica documento