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FINANZA ITALIANA – Novembre 1993 – Pag.35

Tributi e società

Malgrado il diverso parere del Consiglio di Stato

Riforma del sistema esattoriale: questa volta (forse) il Governo ha ragione

di Marco Levis
e Marco Malvicini

A più di tre anni dall'avvio della riforma del sistema esattoriale, sono ormai numerose le decisioni del Consiglio di Stato che hanno annullato il decreto ministeriale di individuazione degli ambiti territoriali per il periodo transitorio e, in via derivata, il decreto di conferimento delle concessioni.
In sostanza, secondo il Consiglio di Stato, nella determinazione degli ambiti il Governo non avrebbe rispettato la gradualità voluta dal Legislatore per l'attuazione della riforma.
Tralasciando le pesanti conseguenze che derivano dalla revisione di una riforma nel corso della sua fase provvisoria, può essere interessante soffermarsi sul punto focale di tali decisioni, vale a dire la chiave di lettura del concetto di disciplina transitoria e il rapporto in cui essa si pone rispetto all'ottimale realizzazione dell'assetto definitivo del nuovo Servizio di Riscossione dei Tributi.

II nodo della controversia
La tesi sostenuta dal Consiglio di Stato, secondo cui l'Amministrazione, in vigenza del periodo transitorio, avrebbe dovuto individuare ambiti territoriali di dimensioni più ridotte e di numero più elevato al fine di salvaguardare le gestioni precedenti, risente, a nostro avviso, di una certa illogicità.
Non è infatti pensabile che un'ampia e radicale riforma, come quella in esame, sia vincolata ad una prima fase a scartamento ridotto, con il fine dichiarato di privilegiare i precedenti gestori.
A questo proposito bisogna considerare che il sistema transitorio era previsto in via facoltativa, come possibilità di disciplina qualora l'Amministrazione, a suo insidacabile giudizio, si fosse trovata di fronte a particolari situazioni o esigenze da salvaguardare, ma non certo come un obbligo da rispettare senza alcuna riserva.
In pratica, l'art. 114 del D.P.R. 28/1/88 n. 43 contempla il sistema transitorio come deroga - e quindi come provvedimento eccezionale - da adottarsi soltanto in presenza di specifiche circostanze, ma il decreto delegato non ha certamente rinunciato, ove possibile, all'immediata attuazione del meccanismo definitivo.

Cosa diceva la legge delega
Volendo propendere per un'interpretazione più restrittiva, bisognerebbe comunque tenere in considerazione quanto previsto dalla legge delega, ovvero:
- che la determinazione degli ambiti territoriali delle concessioni doveva essere effettuata individuando, per aree di norma a livello provinciale, l'unità organizzativa più conveniente, ai fini dell'efficienza, economicità e produttività della gestione;
- che tale unità organizzativa poteva essere individuata anche per ambiti interprovinciali;
- che nel primo periodo della riforma, di durata
quinquennale, le concessioni potevano avere dimensioni sub-provinciali e il numero degli ambiti territoriali così determinati non poteva essere superiore, in campo nazionale, a 300 unità.
Quindi, pur volendo considerare obbligatorio il passaggio della riforma attraverso il periodo transitorio, il Governo avrebbe comunque rispettato le direttive sostanziali volute dal Legislatore, avendo individuato 125 ambiti territoriali, esclusa la Sicilia, contro i 100 di numero massimo, di cui circa un terzo a carattere subprovinciale (caratteristica del periodo transitorio) e nessuno a carattere interprovinciale (caratteristica del periodo definitivo).

Situazioni decadute
A nostro giudizio, i Giudici amministrativi non hanno valutato correttamente la natura e l'estensione dei poteri che la legge delega e il decreto delegato hanno conferito all'Amministrazione per la determinazione degli ambiti, poteri finalizzati all'organizzazione di un servizio pubblico nuovo, rispetto al quale nessuno può ritenersi soggettivamente titolare di situazioni di interesse legittimo.
La scelta su come istituire e organizzare il nuovo servizio di riscossione dei tributi e stata a suo tempo rimessa a una potestà ampiamente discrezionale dell'Amministrazione Finanziaria e prescinde da qualsiasi considerazione sulle situazioni giuridiche preesistenti in capo ai cessati esattori le cui concessioni, attribuite in vigenza del precedente regime, risultano totalmente decadute per effetto dell'entrata in vigore della nuova disciplina. D'altronde, il principio secondo cui non sono ravvisabili interessi qualificati nei confronti dei provvedimenti di organizzazione della Pubblica Amministrazione è stato espressamente riconosciuto dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella decisione 26/1/1971 n. 1.

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