Libri

 

Il primo volume completo sull’evoluzione del mercato degli swap nei suoi aspetti finanziari, giuridici, fiscali e contabili.

·  I contatti swap
·  L’evoluzione del mercato degli swap
·  Gli swap di tasso
·  Gli swap di cambio
·  La regolamentazione dei contratti swap
·  La valutazione finanziaria degli swap
·  I rischi finanziari dei contratti swap
·  Il regime fiscale
·  L’aspetto contabile

 Presentazione
 Di Siro Lombardini

 L'opera di Levis e Pecetto mira a rendere noti, a un pubblico più vasto di quello degli operatori finanziari, i contratti swap, che fanno parte dei derivative, cioè di quelle attività il cui oggetto sono le variazioni nei prezzi o nei rendimenti di altre attività sottostanti (per esempio, obbligazioni).

Oggi la gamma dei prodotti finanziari si e allargata, anzi e diventata suscettibile di continue innovazioni, proprio come avviene per i software. Essi svolgono un compito importante in quanto consentono di ridistribuire rischi (quelli appunto che derivano dalle variazioni più sopra ricordate). La riduzione dei rischi comporta una migliore valorizzazione delle capacita e attitudini personali con effetti positivi sulla efficienza dell'economia. Come tutte le medaglie anche questa ha il suo rovescio. Il processo di finanziarizzazione e le possibilità di sviluppo della speculazione si accrescono notevolmente. Fino a quando crisi diffuse nelle economie reali non causano crolli imprevisti delle attività sottostanti, i vantaggi dei derivati restano quelli indicati; se una crisi generale si verificasse, la crisi che investirebbe i mercati finanziari potrebbe risultare accentuata.

Encomiabile l'opera di Levis e Pecetto. Conoscere i nuovi strumenti e utile non solo per gli operatori finanziari, ma anche per imprenditori e risparmiatori. Il compito dei governi e delle autorità che a livello mondiale governano l'economia, in particolare negli aspetti monetari, e quello di vigilare affinché la finanza resti al servizio dell'economia e non diventi mai una mina vagante che ne minacci la stabilità e la crescita regolare.

 

Prefazione  
di Paul de Sury

 Gli swap sono i primi strumenti finanziari derivati a fare la loro comparsa in Italia verso la metà degli anni '80. Così come è successo per molte altre innovazioni finanziarie, gli swap, già ampiamente noti da tempo su altri mercati, sono stati adattati e lanciati nel nostro mercato da un manipolo di innovatori, principalmente filiali di banche estere. Il fattore che promosse l'introduzione del primo tipo di swap - il domestic currency swap (DCS o DILS) fu un fatto regolamentare. In questi anni il mercato dei cambi a termine era penalizzato da un lato dall'assoggettamento dei contratti all'imposta di bollo e dall'altro, vigendo un ordinamento valutario che mirava a disincentivare i flussi finanziari internazionali non collegati ai flussi reali, dall'obbligo della causale commerciale. In questa situazione il DCS venne lanciato come strumento alternativo al forward rispetto al quale, non prevedendo una movimentazione della cassa valute, non era soggetto ai gravami sopracitati.

All'atto della sua introduzione il DCS era effettivamente innovativo, almeno per il nostro mercato. Ciò significa in sostanza che la struttura dell'offerta di questo strumento presentava inizialmente caratteri oligopolistici. I pochi intermediari che agivano dal lato dell'offerta riuscirono a difendere l'innovazione grazie ai rapporti privilegiati con i grandi clienti che agivano dal lato della domanda, alla lentezza di risposta dei concorrenti (tipicamente le grandi banche italiane) e all'investimento in alcuni pareri legali-fiscali che, in presenza di un assoluto vuoto normativo, tendevano a fare giurisprudenza. In capo a pochi anni la situazione si modificò completamente: la domanda si diffuse anche a livello di clientela media, la situazione normativa divenne più chiara e la schiera dei "produttori" si ingrossò. Oltre a produrre una caduta vertiginosa delle commissioni applicate, questa evoluzione generò una conseguenza fondamentale per il mercato: la diffusione del warehousing. Nelle prime operazioni l'intermediario incaricato di organizzare le operazioni agiva in una logica di brokeraggio puro, realizzando la transazione quando trovava due clienti dalle esigenze specularmente opposte. Successivamente gli intermediari hanno iniziato a realizzare una fase della transazione, per non perdere il cliente, rinviando la ricerca della controparte a un momento successivo. Per fare questo l'intermediario doveva assumere un impegno in termini di un certo tasso con il cliente, in altre parole doveva gestire un libro e prendere una posizione.

I DCS ormai presentano le caratteristiche di un prodotto giunto alla sua fase di maturità, per non dire di declino, e sono stati affiancati a una serie di altri strumenti, finalizzati non più a gestire il solo rischio di variazione dei tassi di cambio, ma anche/oppure il rischio di variazione dei tassi di interesse, ammesso che abbia ancora senso proporre questa distinzione. É stato cosi introdotto l'interest rate swap (IRS). Questo strumento, giunto nel nostro mercato verso la fine della scorsa decade nella sua forma più semplice   definita pittorescamente dagli operatori "plain vanilla" - finalizzata alla gestione del rischio di interessi, si è oggi evoluto e, cosi come il currency swap, viene offerto in tutta una gamma di varianti   "ze- ro-coupon" swap, "amortizing" swap, "forward" swap e via dicendo per non parlare della categoria collegata dei forward rate agreement (FRA) - efficacemente descritte nelle pagine che seguono. Si tratta ormai di una vera e propria "famiglia" di strumenti, discendenti dalle formule base del currency swap e dell'interest rate swap, che, con piccole ma significative differenziazioni tecniche, assolvono tutti allo scopo di facilitare la gestione dei rischi sopracitati.

Il mercato, nato per la presenza di una "finestra" nella regolamentazione, si e quindi sviluppato in modo considerevole, sia intermini di dimensioni, sia di ampiezza della gamma degli strumenti disponibili. Verificare la validità, di queste affermazioni non è pero facile dato che si incontrano non pochi ostacoli a tentare di valutare l'evoluzione delle dimensioni del mercato italiano degli swap.

In primo luogo perché rilevazioni sistematiche vengono condotte solo da poco tempo. In secondo luogo perché il concetto di mercato "italiano" è suscettibile di due interpretazioni tutt'altro che coincidenti: si può infatti prendere in considerazione il complesso delle operazioni denominate in lire (ma svolte anche da non residenti) o il complesso delle operazioni poste in essere da residenti italiani (che comprende anche operazioni denominate in valute diverse dalla lira italiana).

I dati ufficiali non ci aiutano molto perché la Banca d'Italia, solo a partire dalla relazione per il 1990, dedica una sezione del capitolo relativo al mercato dei valori mobiliari al mercato dei prodotti derivati in lire. Tuttavia in tale sezione l'attenzione si concentra sugli strumenti negoziati in mercati organizzati come i futures e le opzioni, per cui esistono rilevazioni "ufficiali" del numero e dell'importo delle transazioni effettuate. Forzatamente viene dedicata meno attenzione agli strumenti come gli swap che, essendo "tagliati" su misura delle esigenze del cliente, alimentato un mercato over-the-counter che per definizione e di più difficile misurazione.

Fortunatamente esistono altri studi e fonti che ci possono dare una mano.

Secondo un primo studio (Comit, 1991) la dimensione del mercato era stimabile fra i 7.500 e i 12.000 miliardi nel 1990 (con un valore netto intorno ai 10.000 miliardi) e fra i 19.000 e i 81.000 miliardi nel 1991 (con un valore netto intorno ai 25.000 miliardi). Dati successivi (Banca d'Italia, 1995), sicuramente non confrontabili con i precedenti, stimano le dimensioni nel 1993 a più di 350.000 miliardi, inteso come aggregazione del capitale nozionale di riferimento in essere presso banche, SIM e fondi, più 200.000 miliardi circa di FRA e altri 200.000 miliardi di currency swap e DCS. Questi valori salgono a più di 460.000 miliardi nel 1994 più 820.000 miliardi di FRA e 130.000 miliardi di currency swap e DCS. In alternativa si possono assumere i dati forniti dalla BRI che si concentrano sulla valuta di denominazione delle operazioni. Secondo questi ultimi il volume in essere di IRS in lire (capitale nozionale) e cresciuto da 50.000 miliardi di lire circa nel 1991 a quasi 90.000 miliardi nel 1992, per poi crescere ulteriormente a quasi 250.000 miliardi nell'anno successivo e giungere quasi a toccare i 400.000 miliardi nel 1994. Non si può evitare di ripetere che questi dati vanno assunti con mille precauzioni. Ciò nonostante dimostrano due tendenze nette: un trend di forte crescita e una netta predominanza degli swap rispetto agli altri strumenti derivati. Di conseguenza si può affermare con una certa sicurezza che lo strumento swap ha conosciuto un considerevole grado di successo nel nostro mercato.

A dieci anni circa dalla sua nascita vale la pena di chiedersi quali possano essere le prospettive del mercato degli swap in Italia. Per anticipare alcune delle conclusioni a cui i lettori dello studio di Levis e Pecetto probabilmente giungeranno, credo si possa affermare che questo mercato nel nostro paese sia sostanzialmente meno evoluto dei mercati analoghi nei principali mercati finanziari domestici dei paesi industrializzati nonché del mercato finanziario internazionale. Proprio per questo presenta un potenziale molto rilevante di crescita. Il basso grado di sviluppo può essere colto da una serie di indicatori molto significativi. In primo luogo si deve segnalare la quasi inesistenza in passato del mercato secondario, dovuta all'eccesso di "personalizzazione" dei contratti, che ne rallentava il processo di negoziazione. Oggi la situazione sotto questo profilo sembra in via di miglioramento, anche se c'é ancora molta strada da fare. In secondo luogo il volume unitario ridotto delle operazioni, il cui valore medio tende a essere pari alla metà circa degli importi negoziati tipicamente in altre realtà. Infine, per citare solo alcuni degli aspetti critici, vanno ricordati i problemi vissuti dalle banche italiane a causa del razionamento delle linee interbancarie a cui vanno soggette le banche italiane per i loro problemi di rating, aggravati dal downgrading del debito della Repubblica. Tutti questi problemi "tecnici" testimoniano delle difficoltà di crescita di uno strumento di cui il mercato avverte senz'altro il bisogno.

Credo che queste difficoltà testimonino una realtà molto semplice: il mercato degli swap in Italia si trova oggi a un passo critico del suo processo di crescita. Gli operatori più dinamici sono ben consci dei suoi vantaggi e lo usano sistematicamente. A questo punto, perché il mercato faccia un salto di dimensioni e di qualità, si devono attendere le reazioni della grande massa dei followers dei pionieri. Si tratta cioè di vedere se la coscienza di questi vantaggi andrà a diffondersi anche presso la massa degli utilizzatori potenziali di strumenti di gestione del rischio. La nascita del mercato e stata agevolata dai fattori di tipo regolamentare: i DCS sono nati per la presenza dell'imposta di bollo e della causale commerciale, gli IRS per eludere l'imposta sostitutiva sulle operazioni a medio termine e hanno conosciuto il maggiore successo nei momenti in cui le inefficienze e incertezze della procedura di rimborso della ritenuta d'acconto sui titoli di stato per i non residenti, producendo un differenziale fra il tasso lordo dei BTP e il tasso degli swap, creavano gli spazi per interessanti opportunità di arbitraggio. Questi sono fattori di breve termine che possono produrre la nascita di un mercato, ma non rappresentano un motivo sufficiente perché sopravviva e si sviluppi nel lungo termine. Ciò è possibile solo se gli strumenti negoziati nel mercato soddisfano un reale bisogno del sistema economico. Gli swap hanno questa caratteristica perché consentono di trasferire e di gestire più efficientemente certe tipologie di rischi. Il problema è se un numero sufficiente di operatori del nostro mercato acquisirà la coscienza di questa funzione degli swap.

Un motivo spesso invocato per ignorare le potenzialità del mercato e rappresentato dalla (presunta) complessità dello strumento. Non è vero. Gli swap, nella loro struttura di base, sono uno strumento relativamente semplice e lineare. Le complessità nascono perché, essendo personalizzabili sulle esigenze del singolo cliente o della singola transazione, possono essere adattati per agevolare la soluzione di problemi anche molto complessi. Ma sono le esigenze a essere intricate, non gli strumenti disegnati per soddisfarle. Il lavoro di Levis e Pecetto potrà essere di grande ausilio nello sfatare questo mito della complessità degli swap. Le varie tipologie di operazioni vengono infatti spiegate in modo chiaro e comprensibile, con una dovizia di esemplificazioni. Il testo si configura quindi come un vero e proprio handbook, cioè un manuale di istruzioni per l'uso, in qui il lettore viene progressivamente condotto ad acquisire coscienza dei profili economico-finanziari, fiscali e contabili di queste operazioni. Per questo motivo credo possa risultare una lettura estremamente utile ed interessante sia per chi opera fra gli intermediari che agiscono dal lato dell'offerta, sia per chi opera nelle aziende o negli investitori istituzionali che agiscono dal lato della domanda, oltre che per tutti coloro che per altri motivi vogliono acquisire una maggiore conoscenza di uno strumento finanziario fondamentale.

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