Per valutare le
concrete possibilità di utilizzazione dei crediti di imposta
acquisiti occorre tenere presente quattro disposizioni di legge che
risultano di importanza fondamentale per ciò che concerne le
imposte dirette:
a) larticolo 11 del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917 che ha
introdotto la possibilità di portare questi crediti in diminuzione
della medesima imposta dovuta per il periodo successivo (cosiddetta
compensazione verticale);
b) larticolo 25 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che ha
stabilito lobbligo di utilizzarli a titolo di compensazione dellimposta
sostitutiva da rivalutazione monetaria, fino al 25% del suo
ammontare;
c) larticolo 2 del decreto legge 30 dicembre 1991, n. 417,
che ha previsto la possibilità di portali in diminuzione di
entrambe le imposte dovute per il periodo successivo (cosiddetta
compensazione orizzontale);
b) larticolo 10 del decreto legge 24 novembre 1992, n. 155,
(che reitera il decreto legge 388/1992 e sostituisce larticolo 1
del decreto legge 244/1992 ormai decaduto) che ha previsto la
possibilità, di estinguere i crediti risultanti dalle dichiarazioni
dei redditi relative ai periodi di imposta chiusi entro il 31
dicembre 1985 il cui ammontare, per ciascuna imposta e per ciascun
periodo di imposta, al netto degli interessi, non risulti inferiore
a 100 milioni, mediante l'assegnazione di titoli di Stato (per il
testo si veda «Il Sole- 4 Ore» del 21 novembre).
In pratica, nel calcolo della convenienza economica ad acquisire un
credito di imposta, risulta fondamentale valutare anzitutto:
1) se è possibile compensare questo credito con le imposte
dovute in sede di dichiarazione dei redditi, oppure in sede di
versamento degli acconti, oppure ancora in sede di versamento
dell'imposta sustitutiva da rivalutazione monetaria;
2) se è possibile sommare i propri crediti di imposta ante
1985 con altri crediti acquisiti relativi allo stesso periodo, al
fine del raggiungimento dell'importo minimo previsto per
l'assegnazione dei titoli di Stato.
Per ciò che concerne il punto uno, bisogna considerare sia le
disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, sia le norme
del diritto privato.
Le prime (Rd 2440/1923) stabiliscono che ogni categoria di entrata
deve essere riscossa in contanti e che soltanto in casi eccezionali
- previa autorizzazione - può essere accettato in pagamento un
titolo di credito nei confronti dello Stato. Questa regola generale
di «non compensazione» è stata introdotta per motivi di ordine
contabile, in omaggio al principio dell'integrità del bilancio,
secondo il quale le entrate devono affluire alle casse statali senza
alcuna detrazione.
Le seconde (articoli 1241 e seguenti del Codice civile) prevedono
espressamente l'istituto della compensazione, qualunque sia il
titolo di un credito, a condizione che lo stesso risulti liquido
(vale a dire determinato nel suo ammontare) ed esigibile (ossia non
sottoposto ne a condizione, ne a termine). L'interpretazione
coordinata:
_ delle regole sulla contabilità dello Stato;
_ delle disposizioni di legge prima richiamate, che possono
rappresentare la speciale autorizzazione prevista per la deroga al
principio della «non compensazione »;
_ delle norme del Codice civile in materia di cessione di crediti e
di compensazione (articolo 1260 e seguenti); permette di considerare
legittima l'acquisizione, da parte dei contribuenti, di crediti di
imposta da portare in compensazione con proprie debiti di imposta.
ll fatto che il credito portato in compensazione sia un credito
acquisito non rappresenta infatti un elemento discriminante
nell'applicazione delle norme generali e speciali in materia di
compensazione di crediti.
Relativamente al punto due, occorre valutare se un credito d'imposta
acquisito, oltre a conservare la propria natura, mantenga altresì
la caratteristica dell'anno di formazione. A questo proposito è
necessario ricordare che il cessionario acquista un credito con lo
stesso contenuto e le medesime caratteristiche che esso aveva in
capo al cedente (articoli 1260 e seguenti del Codice civile). Non
dovrebbero, tra l'altro, sussistere particolari dubbi, se si
considera ciò che avviene in sede di fusione o di conferimento,
dove l'incorporante o il conferitario assimilano dal soggetto
incorporato o conferente determinati valori, che mantengono
l'originaria distinzione per trattamento fiscale e periodo di
formazione (si pensi alle perdite degli esercizi precedenti, ai
fondi di riserva, agli incrementi di valori dei beni immobili al
fine del calcolo della rivalutazione monetaria), nei limiti,
ovviamente, di quanto previsto dall'articolo 123 del Dpr 917/1986.
Per quanto sopra prospettato è di fondamentale importanza che gli
organi competenti forniscano specifici e tempestivi chiarimenti in
materia di utilizzazione di crediti di imposta acquisiti, poiché un
difforme orientamento da parte dell'amministrazione finanziaria
comporterebbe evidentemente pesanti sanzioni a carico dei
contribuenti, generando ulteriore contenzioso.
Marco Lovis
Marco Malvicini |