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IL SOLE – 24 ORE – Martedì 8 Dicembre 1992 – N. 335 – PAGINA 13
Norme e tributi

Nel calcolo del rimborso in CcT anche i creditori Irpef acquisiti?

Per valutare le concrete possibilità di utilizzazione dei crediti di imposta acquisiti occorre tenere presente quattro disposizioni di legge che risultano di importanza fondamentale per ciò che concerne le imposte dirette:
a)
l’articolo 11 del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917 che ha introdotto la possibilità di portare questi crediti in diminuzione della medesima imposta dovuta per il periodo successivo (cosiddetta compensazione verticale);
b)
l’articolo 25 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, che ha stabilito l’obbligo di utilizzarli a titolo di compensazione dell’imposta sostitutiva da rivalutazione monetaria, fino al 25% del suo ammontare;
c)
l’articolo 2 del decreto legge 30 dicembre 1991, n. 417, che ha previsto la possibilità di portali in diminuzione di entrambe le imposte dovute per il periodo successivo (cosiddetta compensazione orizzontale);
b)
l’articolo 10 del decreto legge 24 novembre 1992, n. 155, (che reitera il decreto legge 388/1992 e sostituisce l’articolo 1 del decreto legge 244/1992 ormai decaduto) che ha previsto la possibilità, di estinguere i crediti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta chiusi entro il 31 dicembre 1985 il cui ammontare, per ciascuna imposta e per ciascun periodo di imposta, al netto degli interessi, non risulti inferiore a 100 milioni, mediante l'assegnazione di titoli di Stato (per il testo si veda «Il Sole- 4 Ore» del 21 novembre).
In pratica, nel calcolo della convenienza economica ad acquisire un credito di imposta, risulta fondamentale valutare anzitutto:
1)
se è possibile compensare questo credito con le imposte dovute in sede di dichiarazione dei redditi, oppure in sede di versamento degli acconti, oppure ancora in sede di versamento dell'imposta sustitutiva da rivalutazione monetaria;
2) se è possibile sommare i propri crediti di imposta ante 1985 con altri crediti acquisiti relativi allo stesso periodo, al fine del raggiungimento dell'importo minimo previsto per l'assegnazione dei titoli di Stato.
Per ciò che concerne il punto uno, bisogna considerare sia le disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, sia le norme del diritto privato.
Le prime (Rd 2440/1923) stabiliscono che ogni categoria di entrata deve essere riscossa in contanti e che soltanto in casi eccezionali - previa autorizzazione - può essere accettato in pagamento un titolo di credito nei confronti dello Stato. Questa regola generale di «non compensazione» è stata introdotta per motivi di ordine contabile, in omaggio al principio dell'integrità del bilancio, secondo il quale le entrate devono affluire alle casse statali senza alcuna detrazione.
Le seconde (articoli 1241 e seguenti del Codice civile) prevedono espressamente l'istituto della compensazione, qualunque sia il titolo di un credito, a condizione che lo stesso risulti liquido (vale a dire determinato nel suo ammontare) ed esigibile (ossia non sottoposto ne a condizione, ne a termine). L'interpretazione coordinata:
_ delle regole sulla contabilità dello Stato;
_ delle disposizioni di legge prima richiamate, che possono rappresentare la speciale autorizzazione prevista per la deroga al principio della «non compensazione »;
_ delle norme del Codice civile in materia di cessione di crediti e di compensazione (articolo 1260 e seguenti); permette di considerare legittima l'acquisizione, da parte dei contribuenti, di crediti di imposta da portare in compensazione con proprie debiti di imposta. ll fatto che il credito portato in compensazione sia un credito acquisito non rappresenta infatti un elemento discriminante nell'applicazione delle norme generali e speciali in materia di compensazione di crediti.
Relativamente al punto due, occorre valutare se un credito d'imposta acquisito, oltre a conservare la propria natura, mantenga altresì la caratteristica dell'anno di formazione. A questo proposito è necessario ricordare che il cessionario acquista un credito con lo stesso contenuto e le medesime caratteristiche che esso aveva in capo al cedente (articoli 1260 e seguenti del Codice civile). Non dovrebbero, tra l'altro, sussistere particolari dubbi, se si considera ciò che avviene in sede di fusione o di conferimento, dove l'incorporante o il conferitario assimilano dal soggetto incorporato o conferente determinati valori, che mantengono l'originaria distinzione per trattamento fiscale e periodo di formazione (si pensi alle perdite degli esercizi precedenti, ai fondi di riserva, agli incrementi di valori dei beni immobili al fine del calcolo della rivalutazione monetaria), nei limiti, ovviamente, di quanto previsto dall'articolo 123 del Dpr 917/1986. Per quanto sopra prospettato è di fondamentale importanza che gli organi competenti forniscano specifici e tempestivi chiarimenti in materia di utilizzazione di crediti di imposta acquisiti, poiché un difforme orientamento da parte dell'amministrazione finanziaria comporterebbe evidentemente pesanti sanzioni a carico dei contribuenti, generando ulteriore contenzioso.

Marco Lovis
Marco Malvicini

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