Il "Domestic Currency Swap"
(Dcs) è un contratto derivato, attraverso il quale due soggetti
si impegnano a versare o a riscuotere, a una data prestabilita, un
importo determinato in base al differenziale tra il tasso di
cambio contrattuale e quello corrente alla data di scadenza
dell'operazione. Fino alla crisi valutaria del settembre 1992
veniva utilizzato il tasso di cambio determinato al fixing
Bankltalia; in seguito alla sospensione del listino ufficiale, i
cambi utilizzati si riferiscono alla quotazione di un certo
"dealer" su una determinata pagina Reuter, oppure alla
quotazione dell'Ufficio italiano cambi. Ovviamente, i tassi di
cambio da considerare devono essere concordati fra le parti al
momento della stipulazione del contratto swap. 1l Dcs ha una
propria regolamentazione civilistica di bilancio e uno specifico
trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette. Per quanto
riguarda l'aspetto contabile, trovano applicazione le regole del
nuovo schema di bilancio degli enti creditizi e finanziari,
secondo cui le "operazioni fuori bilancio" possono
trovare espressione, oltre che nel conto economico, nello stato
patrimoniale (operazioni con rischio di credito), oppure nella
nota integrativa (operazioni con rischio di mercato). Per ciò che
concerne le imposte sul reddito, si applica la disciplina prevista
dall'articolo 103-bis del Testo unico, secondo cui alla formazione
del reddito degli enti creditizi e finanziari concorrono i
componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione
delle "operazioni fuori bilancio" in corso alla data di
chiusura dell'esercizio, derivanti da contratti che hanno per
oggetto titoli, valute o tassi d interesse, o che assumono come
parametro di riferimento per la determinazione della prestazione
la quotazione di titoli o valute, ovvero l'andamento di un indice
su titoli, valute o tassi di interesse.
Poiché, come si è visto, i differenziali di cambio, sia positivi
sia negativi, hanno una collocazione contabile definita e
concorrono alla determinazione del reddito di impresa degli enti
creditizi e finanziari, parte della dottrina ha dedotto che gli
stessi dovessero anche assumere, fiscalmente e giuridicamente, la
veste di corrispettivi derivanti da prestazioni di servizi, come
tali imponibili ai fini Iva. A nostro parere, un'interpretazione
della fattispecie contrattuale più corretta sotto il profilo
sistematico condurrebbe a conclusioni diverse da quella esposta,
fatta propria, di recente, anche dai verificatori della Guardia di
Finanza.
In particolare:
-
la
circostanza che i differenziali sui Dcs vengano
rappresentati in bilancio e concorrano alla formazione del
reddito imponibile degli enti creditizi e finanziari non
assume, di per sé, alcuna rilevanza agli effetti
dell'imposta sul valore aggiunto. Non esiste infatti alcuna
correlazione fra i criteri di imputazione a bilancio di un
componente di reddito, il suo trattamento ai fini delle
imposte dirette e le regole che disciplinano l'applicazione
dell'Iva;
-
il
differenziale tra il cambio finale e il cambio a termine,
che un soggetto trasferisce all'altro alla scadenza del
contratto, non può essere inteso come il corrispettivo di
una prestazione, ma rappresenta il contenuto stesso del
contratto. Il differenziale non ha quindi natura di
corrispettivo e non assume alcuna rilevanza ai fini Iva;
di fatto, la liquidazione del
differenziale ricade casualmente sul soggetto per il quale
risulta sfavorevole l'andamento del cambio finale rispetto al
cambio contrattuale. Non si configura pertanto quello scambio di
reciproche prestazioni, dove il compenso ricevuto da una delle
parti rappresenta il controvalore della prestazione effettuata
nei confronti dell'altra e che costituisce, invero, presupposto
di applicazione del tributo;
il
Dcs si sostanzia in una cessione di denaro per cui, in ogni
caso, l'esecuzione dell'obbligazione contrattuale non
andrebbe considerata come prestazione di servizi, bensì
come cessione di beni esclusa dal campo di applicazione del
tributo in base allarticolo 2, comma 3, lettera a), del
Dpr 633/72.
Alla luce di queste
considerazioni e in funzione della specifica situazione di
incertezza e disagio venutasi a creare fra gli enti creditizi e
finanziari, sarebbe auspicabile che l'orientamento
dell'amministrazione si posizionasse sulla linea interpretativa
delineata, definendo inoltre una disciplina organica e
generalmente riconosciuta delle numerose tipologie contrattuali
finanziarie attualmente in uso.
Marco Levis |