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PAGINA 20 – Giovedì 6 Luglio 1995 –N. 179 – IL SOLE –24 ORE
Norme e tributi

Contratti swap al buio per le incertezze sull’Iva

Il "Domestic Currency Swap" (Dcs) è un contratto derivato, attraverso il quale due soggetti si impegnano a versare o a riscuotere, a una data prestabilita, un importo determinato in base al differenziale tra il tasso di cambio contrattuale e quello corrente alla data di scadenza dell'operazione. Fino alla crisi valutaria del settembre 1992 veniva utilizzato il tasso di cambio determinato al fixing Bankltalia; in seguito alla sospensione del listino ufficiale, i cambi utilizzati si riferiscono alla quotazione di un certo "dealer" su una determinata pagina Reuter, oppure alla quotazione dell'Ufficio italiano cambi. Ovviamente, i tassi di cambio da considerare devono essere concordati fra le parti al momento della stipulazione del contratto swap. 1l Dcs ha una propria regolamentazione civilistica di bilancio e uno specifico trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette. Per quanto riguarda l'aspetto contabile, trovano applicazione le regole del nuovo schema di bilancio degli enti creditizi e finanziari, secondo cui le "operazioni fuori bilancio" possono trovare espressione, oltre che nel conto economico, nello stato patrimoniale (operazioni con rischio di credito), oppure nella nota integrativa (operazioni con rischio di mercato). Per ciò che concerne le imposte sul reddito, si applica la disciplina prevista dall'articolo 103-bis del Testo unico, secondo cui alla formazione del reddito degli enti creditizi e finanziari concorrono i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle "operazioni fuori bilancio" in corso alla data di chiusura dell'esercizio, derivanti da contratti che hanno per oggetto titoli, valute o tassi d interesse, o che assumono come parametro di riferimento per la determinazione della prestazione la quotazione di titoli o valute, ovvero l'andamento di un indice su titoli, valute o tassi di interesse.
Poiché, come si è visto, i differenziali di cambio, sia positivi sia negativi, hanno una collocazione contabile definita e concorrono alla determinazione del reddito di impresa degli enti creditizi e finanziari, parte della dottrina ha dedotto che gli stessi dovessero anche assumere, fiscalmente e giuridicamente, la veste di corrispettivi derivanti da prestazioni di servizi, come tali imponibili ai fini Iva. A nostro parere, un'interpretazione della fattispecie contrattuale più corretta sotto il profilo sistematico condurrebbe a conclusioni diverse da quella esposta, fatta propria, di recente, anche dai verificatori della Guardia di Finanza.
In particolare:

  • la circostanza che i differenziali sui Dcs vengano rappresentati in bilancio e concorrano alla formazione del reddito imponibile degli enti creditizi e finanziari non assume, di per sé, alcuna rilevanza agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto. Non esiste infatti alcuna correlazione fra i criteri di imputazione a bilancio di un componente di reddito, il suo trattamento ai fini delle imposte dirette e le regole che disciplinano l'applicazione dell'Iva;

  • il differenziale tra il cambio finale e il cambio a termine, che un soggetto trasferisce all'altro alla scadenza del contratto, non può essere inteso come il corrispettivo di una prestazione, ma rappresenta il contenuto stesso del contratto. Il differenziale non ha quindi natura di corrispettivo e non assume alcuna rilevanza ai fini Iva;

di fatto, la liquidazione del differenziale ricade casualmente sul soggetto per il quale risulta sfavorevole l'andamento del cambio finale rispetto al cambio contrattuale. Non si configura pertanto quello scambio di reciproche prestazioni, dove il compenso ricevuto da una delle parti rappresenta il controvalore della prestazione effettuata nei confronti dell'altra e che costituisce, invero, presupposto di applicazione del tributo;

  • il Dcs si sostanzia in una cessione di denaro per cui, in ogni caso, l'esecuzione dell'obbligazione contrattuale non andrebbe considerata come prestazione di servizi, bensì come cessione di beni esclusa dal campo di applicazione del tributo in base all’articolo 2, comma 3, lettera a), del Dpr 633/72.

Alla luce di queste considerazioni e in funzione della specifica situazione di incertezza e disagio venutasi a creare fra gli enti creditizi e finanziari, sarebbe auspicabile che l'orientamento dell'amministrazione si posizionasse sulla linea interpretativa delineata, definendo inoltre una disciplina organica e generalmente riconosciuta delle numerose tipologie contrattuali finanziarie attualmente in uso.

Marco Levis

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